Avevo
deciso di avviare il sostegno, ma con chi e come?
C’era
infatti una terza domanda che mi girava in testa: con che
associazione?
Questa
domanda ha conseguito un po’ di ricerca. Non conoscevo direttamente
associazioni che tra i loro progetti annoverassero le adozioni a
distanza di bambini, e quindi avevo bisogno di studiare un po’.
Iniziai
a cercare in internet e tra i vari siti ne trovai uno con elencate
tantissime associazioni italiane che portavano avanti questo tipo di
sostegno, e quando dico tantissime, intendo davvero tante. Mi sentii
quasi scoraggiata. Come fare a scegliere?
Per
fortuna un collega aveva lavorato per vari anni per una di queste
associazioni (COOPI Cooperazione Internazionale)
e potei avere delle notizie dirette da chi aveva agito in prima
persona. Non aveva avuto contatti diretti con i progetti del SaD,
aveva infatti seguito la creazione di pozzi per l’acqua, ma aveva
avuto modo di vedere con i suoi occhi come venissero utilizzati i
fondi dei donatori e mi disse l’unica frase che volevo sentire “i
fondi arrivano sempre a destinazione”.
Andai
quindi sul sito COOPI dedicato all’adozione a distanza e cercai le
informazioni relative al contatto col bambino.

Lessi
che i paesi seguiti erano 8: Haiti, Perù, Etiopia, Uganda, Sierra
Leone, Senegal, Repubblica del Congo e Repubblica Centrafricana.
In
ognuno di essi erano presenti differenti strutture e relativi
progetti. Ogni progetto era lo specchio di una realtà diversa:
bambine
che lavoravano come domestiche; bimbi che avevano contratto il virus
dell'HIV/AIDS o portatori di handicap; altri ancora orfani o
abbandonati; oppure che stavano uscendo da realtà tremende come
situazioni di guerra o disastri naturali...
Dopo
aver cercato di crearmi un’immagine un po’ più reale di quello
che avviene in quei lati del mondo di cui si parla troppo poco,
cercai le spiegazioni del lato “pratico” dell’adozione. Avrei
ricevuto notizie due volte l’anno e avrei potuto scrivere lettere
al bambino, comprensive di foto certo, ma non di regali. Un po’ mi
dispiacque leggere questa cosa, ma la motivazione era ben spiegata e
condivisibile: non creare differenze tra i bimbi seguiti.
Mi
immaginai l’arrivo delle lettere e dei pacchi da parte dei padrini
e la consegna degli stessi ai bimbi... “ecco per te una lettera...
per te un regalo... questi pacchetti sono per te... no tesoro, mi
spiace, per te non è arrivato nulla...”. E magari chi non aveva
mandato nulla era proprio quel padrino/madrina che più degli altri
faceva ogni mese i salti mortali per poter metter da parte i soldi
per il SaD...
Decisamente
la scelta di “regolamentare” questi invii era ben ponderata. Se
avessi voluto fare un regalo avrei potuto fare una donazione
aggiuntiva al suo progetto specifico, facendo così arrivare il dono
sia a lui/lei che a tutti i suoi compagni indistintamente.
Come
ultima cosa cercai ancora tutte le testimonianze che arrivavano dagli
operatori, dai donatori e dai bambini che stavano beneficiando del
sostegno. Infatti chi meglio di chi vive nei progetti avrebbe potuto
aiutarmi a capire?
Tutte
le notizie che trovai mi confermarono i commenti positivi che avevo
sentito su COOPI e decisi quindi di contattarli direttamente per
capire cosa avrei dovuto fare per avviare il sostegno.
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NOTA:
Vorrei che fosse chiaro che la mia scelta dell’associazione è
stata legata solo ad un parere positivo sull’associazione stessa,
non ad una esclusione di altre associazioni per pareri negativi.
Non
ho una conoscenza diretta del sostegno a distanza di altre
associazioni, quindi non mi è possibile esprimere in alcun modo
un’opinione su di loro.
Posso
solo raccontare la mia esperienza con COOPI, con cui ho avuto un
contatto diretto negli anni successivi alla decisione di avviare un
sostegno a distanza.
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