venerdì 10 dicembre 2010

La Casa de Panchita

Man mano che passano i giorni cerco sempre più notizie per capire quale sia la situazione in cui vive Luisa.
Il progetto si chiama “La Casa de Panchita” e come recita la descrizione dell’associazione stessa:
Casa de Panchita, facciata
foto di COOPI
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La Casa de Panchita è un centro di accoglienza diurno per bambine, ragazze e donne che lavorano come domestiche. Il Centro è gestito dall'Associazione Gruppo di Lavoro in Rete (Asociación Grupo de Trabajo Redes), nata a Lima nel 1989 per promuovere e tutelare i diritti delle persone emarginate ed escluse.
La Casa de Panchita assicura accoglienza alle donne lavoratrici di ogni età.
Per quanto riguarda le bambine e i bambini, attraverso il gioco intende promuovere l'autostima, le buone abitudini sociali e l'istruzione.
L'associazione svolge inoltre attività di sensibilizzazione presso le famiglie, affinché siano consapevoli che per il futuro dei loro bambini l'acquisizione di un buon capitale educativo è molto più utile di un lavoretto per avere un po’ di cibo o una piccola mancia; offre sostegno psico-sociale alle bambine e alle donne che spesso hanno subito violenza sul lavoro o in famiglia e organizza laboratori finalizzati al rafforzamento dell'autostima alla consapevolezza dei propri diritti e al superamento dei traumi.
Casa de Panchita
foto di COOPI

Malnutrizione, basso livello di istruzione, carenza affettiva e impossibilità di avere tempo per giocare sono tra i problemi maggiori e più diffusi tra i bambini che lavorano come domestici.

Con il tuo sostegno a distanza garantisci a una bambina il diritto all'istruzione e al cibo. La bambina riceverà infatti l'uniforme e il materiale scolastico indispensabili per andare a scuola e assistenza nutrizionale. Inoltre, i suoi genitori saranno sensibilizzati sulle loro responsabilità e sui diritti della bambina.
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Decisamente un progetto che mi piace e che condivido.
Non posso che ritenermi soddisfatta e felice di poter, anche se in piccola parte, contribuire alla sua realizzazione.


Ovviamente, insieme a queste notizie trovo anche foto e filmati, un po’ sul sito specifico (http://adottareadistanza.coopi.org/peru) e un po’ cercando su youtube nel canale di COOPI (http://www.youtube.com/user/COOPIchannel).
In questo modo riesco a capire qualcosina di più sia suo progetto, che sulla realtà sociale in cui vive.

Scheda Casa de Panchita

sabato 4 dicembre 2010

Luisa

Guardo e riguardo la fotografia.
Mi chiedo chi sia nel profondo quella bambina in posa, quale siano le sue aspirazioni, i suoi sogni e anche le sue paure.
Ma quello che mi colpisce più di tutto è lo sguardo.
uno sguardo dolce, buono e... profondamente tristeÈ uno sguardo dolce, buono e... profondamente triste.
Sembra quasi stia dicendo “si si mi metto in posa, ma che volete che cambi nella mia vita? E poi per chi dobbiamo fare la foto? Tanto qui non cambia nulla, vi faccio contenti, ma io questo cambiamento che dite e questa speranza che mi volete infondere proprio non la vedo.”
Immagino che leggendo queste righe il primo pensiero sia ‘certo che ne hai di fantasia, e pensi di capire tutto questo da una foto? Ma che ne sai di lei?’
Già, infatti che ne so di lei? Niente, o meglio quasi niente perché un po’ di racconto c’è.
So che ha 13 anni e che la sua mamma non c’è più, ma ha un padre affettuoso, sorelle e nipotini. Che le piace leggere e ascoltare la musica e non le va di vagabondare per le strade senza far nulla. E soprattutto so che le piace studiare e ha il sogno di continuare gli studi.
Bene, in questo almeno potrò esserle utile, perché grazie all’opportunità che COOPI mi ha offerto con il Sostegno a Distanza, potrò darle la possibilità di continuare a studiare anno dopo anno.
O almeno questo è quello che proverò a fare con tutte le mie forze!

Scheda Luisa e progetto

venerdì 3 dicembre 2010

La prima lettera

Per due settimane arrivai a casa puntando gli occhi sulla cassetta delle lettere. Nel mio palazzo sono tutte belle impilate nell’androne e ben in vista già prima di mettere la chiave nella portoncino a vetri.
Speravo, guardavo, aspettavo e... continuavo ad aspettare!
Sabato... eccola lì! Una busta bianca con un angolo colorato di verde e blu.
Lancio un “ECCOLA!” in mezzo all’androne mentre un vicino mi guarda con aria stupita e recupero la lettera con un sorriso (probabilmente ebete) stampato sulla faccia.
Quel giorno con me c’era mia mamma e devo dire che trovai la cosa decisamente curiosa visto che appena aveva saputo della mia intenzione di attivare il SaD aveva decretato con fermezza che avrebbe partecipato anche lei e guai a me se provavo a dissuaderla dal suo proposito. Quindi quella lettera era in realtà attesa da due persone: la qui presente scrittrice senza pazienza e sua mamma, che di pazienza aveva chiaramente dimostrato di averne persino meno.
Una lettera, una notizia, due persone felici e gongolanti.

Nella busta c’erano tre cose:
- una lettera di presentazione del SaD
- una breve scheda sul Perù
e poi eccola lì
- la scheda del progetto/struttura: “La Casa de Panchita” e i dati della bambina (direi anche ragazzina) che stava entrando nelle nostre vite: Luisa!

NOTA!
Luisa non è ovviamente il nome della bambina, è infatti stato cambiato con uno di fantasia.

Lettera di presentazione

venerdì 19 novembre 2010

L’avvio del sostegno

Compilai un form sul sito che COOPI aveva dedicato all’adozione a distanza (http://adottareadistanza.coopi.org/).
Avevo letto le varie schede informative sui progetti e su come avrebbe funzionato il mio rapporto con il bimbo, ma volevo avere notizie più dirette. Volevo insomma capire con chi avrei dovuto relazionarmi tra le persone che seguivano il SaD e volevo capire anche che tipo di rapporto intercorre tra COOPI e i suoi donatori.
La risposta alla mia domanda arrivò quasi subito, prima una generale un po’ più formale, ma poco dopo arrivò una mail gentile e diretta di una delle ragazze che si occupano dei progetti sostenuti. Rispose a tutti i miei dubbi in modo chiaro ed esaustivo, e così chiesi di poter avviare un sostegno per un bambino del Perù.
La scelta non era legata a qualcosa di specifico legato al paese o ai suoi progetti, ma era l’unico dei paesi sostenuti che mi avrebbe permesso di scrivere lettere in spagnolo, tutti gli altri avrebbero richiesto una conoscenza del francese che proprio non avevo.
Inviati tutti i dati richiesti e mi misi in attesa...

Un bambino o una bambina stava per entrare nella mia vita e non vedevo l’ora di sapere chi fosse, di conoscere la sua vita, la sua famiglia e in quale struttura fosse seguito.
In quei momenti imparai una delle costanti del sostegno a distanza, bisogna saper aspettare, perché le notizie non arrivano sempre quando vorresti, ma bisogna attenderle pazientemente.
In fondo è un po’ quello che avviene anche nella vita no? Ma si sa, una delle cose più complesse da imparare è proprio l’attesa...

mercoledì 20 ottobre 2010

Chi ho scelto per avviare il sostegno a distanza

Avevo deciso di avviare il sostegno, ma con chi e come?
C’era infatti una terza domanda che mi girava in testa: con che associazione?
Questa domanda ha conseguito un po’ di ricerca. Non conoscevo direttamente associazioni che tra i loro progetti annoverassero le adozioni a distanza di bambini, e quindi avevo bisogno di studiare un po’.
Iniziai a cercare in internet e tra i vari siti ne trovai uno con elencate tantissime associazioni italiane che portavano avanti questo tipo di sostegno, e quando dico tantissime, intendo davvero tante. Mi sentii quasi scoraggiata. Come fare a scegliere?
Per fortuna un collega aveva lavorato per vari anni per una di queste associazioni (COOPI Cooperazione Internazionale) e potei avere delle notizie dirette da chi aveva agito in prima persona. Non aveva avuto contatti diretti con i progetti del SaD, aveva infatti seguito la creazione di pozzi per l’acqua, ma aveva avuto modo di vedere con i suoi occhi come venissero utilizzati i fondi dei donatori e mi disse l’unica frase che volevo sentire “i fondi arrivano sempre a destinazione”.
Andai quindi sul sito COOPI dedicato all’adozione a distanza e cercai le informazioni relative al contatto col bambino.

Ho scelto COOPIVolevo capire quali e dove fossero i progetti da loro gestiti, e soprattutto quale sarebbe stato il mio rapporto con il bambino stesso. Cercavo infatti un’adozione a distanza che mi permettesse di avere un rapporto reale e concreto, scrivendo lettere, inviando foto e magari con la possibilità di incontrarlo in un futuro.
Lessi che i paesi seguiti erano 8: Haiti, Perù, Etiopia, Uganda, Sierra Leone, Senegal, Repubblica del Congo e Repubblica Centrafricana.
In ognuno di essi erano presenti differenti strutture e relativi progetti. Ogni progetto era lo specchio di una realtà diversa:
bambine che lavoravano come domestiche; bimbi che avevano contratto il virus dell'HIV/AIDS o portatori di handicap; altri ancora orfani o abbandonati; oppure che stavano uscendo da realtà tremende come situazioni di guerra o disastri naturali...
Dopo aver cercato di crearmi un’immagine un po’ più reale di quello che avviene in quei lati del mondo di cui si parla troppo poco, cercai le spiegazioni del lato “pratico” dell’adozione. Avrei ricevuto notizie due volte l’anno e avrei potuto scrivere lettere al bambino, comprensive di foto certo, ma non di regali. Un po’ mi dispiacque leggere questa cosa, ma la motivazione era ben spiegata e condivisibile: non creare differenze tra i bimbi seguiti.
Mi immaginai l’arrivo delle lettere e dei pacchi da parte dei padrini e la consegna degli stessi ai bimbi... “ecco per te una lettera... per te un regalo... questi pacchetti sono per te... no tesoro, mi spiace, per te non è arrivato nulla...”. E magari chi non aveva mandato nulla era proprio quel padrino/madrina che più degli altri faceva ogni mese i salti mortali per poter metter da parte i soldi per il SaD...
Decisamente la scelta di “regolamentare” questi invii era ben ponderata. Se avessi voluto fare un regalo avrei potuto fare una donazione aggiuntiva al suo progetto specifico, facendo così arrivare il dono sia a lui/lei che a tutti i suoi compagni indistintamente.
Come ultima cosa cercai ancora tutte le testimonianze che arrivavano dagli operatori, dai donatori e dai bambini che stavano beneficiando del sostegno. Infatti chi meglio di chi vive nei progetti avrebbe potuto aiutarmi a capire?

Tutte le notizie che trovai mi confermarono i commenti positivi che avevo sentito su COOPI e decisi quindi di contattarli direttamente per capire cosa avrei dovuto fare per avviare il sostegno.

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NOTA: Vorrei che fosse chiaro che la mia scelta dell’associazione è stata legata solo ad un parere positivo sull’associazione stessa, non ad una esclusione di altre associazioni per pareri negativi.
Non ho una conoscenza diretta del sostegno a distanza di altre associazioni, quindi non mi è possibile esprimere in alcun modo un’opinione su di loro.
Posso solo raccontare la mia esperienza con COOPI, con cui ho avuto un contatto diretto negli anni successivi alla decisione di avviare un sostegno a distanza.
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lunedì 11 ottobre 2010

Perché ho scelto di adottare un bambino a distanza

Ho riflettuto per molto tempo sulla possibilità di avviare oppure no un’adozione a distanza. Gli interrogativi maggiori erano sempre gli stessi:
1. sarò in grado di portarla avanti negli anni?
2. funzionerà davvero per quei bimbi?
E così ho iniziato a cercare le risposte.
Alla prima domanda non avrei potuto dare una risposta certa, potevo decidere per me stessa, basandomi sulla mia intenzione personale, ma non avrei certo potuto avere la garanzia di cosa sarebbe avvenuto nella mia vita nel futuro. Ma in fondo la vita è proprio questo, non sapere cosa accadrà e decidere sulla base delle proprie migliori intenzioni, avendo fiducia che la vita futura sarà così magnanima da aiutarci a realizzarle, soprattutto se quelle intenzioni vanno nella direzione di aiutare qualcuno.
Così capii che non potevo avere la certezza di una risposta sulla base di cosa la vita avrebbe creato, ma che l’unica risposta che potevo e serviva dare era questa “Fin tanto che mi sarà possibile farò di tutto per portare avanti questa promessa fatta ad un bambino”.
La seconda domanda era più complessa, perché non riguardava solo una mia paura personale di essere in grado o no, ma toccava un argomento che penso preoccupi un po’ tutti gli aspiranti padrini e madrine quando stanno decidendo se attivare l’adozione a distanza. Il problema è che non sempre è facile toccare con mano in cosa consistano queste adozioni e quale aiuto concreto portino a bambini così lontani. Quello che però mi fece decidere era un’ulteriore domanda... “chi vorrebbe mai essere costretto ad abbandonare la propria casa e la propria famiglia per cercare salvezza in un altro paese?”.
Il permettere ad un bambino di crescere e istruirsi nel proprio paese permetterà a quel paese di avere un adulto responsabile che potrà lavorare per la crescita della società e di altri bambini, in una spirale di crescita che permetterà a sempre più persone di vivere una vita serena e dignitosa.
Forse molti diranno che è una speranza assurda, ma in fondo il miglioramento non nasce sempre da una speranza?
Per quanto mi riguarda quella speranza era una risposta più che valida al mio secondo interrogativo.
La mia avventura di madrina stava quindi per cominciare...